Chi siamo

Il  Comitato Acqua Pubblica Ferrara nasce nel gennaio 2007, 23 sigle fra associazioni e movimenti, organizzazioni sindacali e partiti, si univano per aderire alla Campagna Nazionale “Acqua pubblica ci metto la firma” che portava alla raccolta di oltre 400 mila firme (3 mila solo a Ferrara) servite a presentare la legge di iniziativa popolare per la ripubblicizzazione del servizio idrico in Italia, elaborata e promossa dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, legge oggi in discussione in Parlamento.

Nel novembre 2009, alla Camera dei deputati si approvava, con ricorso alla fiducia, il decreto Ronchi, che all’art. 15 avviava un processo di privatizzazione dei servizi pubblici locali, di dismissione della proprietà pubblica e delle relative infrastrutture, ovvero un percorso di smantellamento del ruolo del soggetto  pubblico che non sembra avere eguali in Europa. A rendere ancor più grave, nel merito e nel metodo, l’approvazione del decreto Ronchi, vi è il fatto che esso sia stato approvato ignorando il consenso popolare che soltanto due anni prima si era raccolto intorno alla legge d’iniziativa popolare per l’acqua pubblica.

Nel frattempo cinque regioni hanno impugnato il decreto Ronchi di fronte alla Corte costituzionale, lamentando la violazione di proprie competenze costituzionali esclusive; oltre 200 comuni in Italia hanno invece deciso di modificare i propri statuti definendo legittimamente il servizio idrico come “privo di rilevanza economica”, salvando così la gestione dell’acqua dalla impropria cessione a monopoli di natura privatistica.

A Ferrara la richiesta di modifica dello statuto comunale è stata richiesta dal CAP con una petizione del febbraio 2009. Accordi elettorali e specifici impegni del Consiglio Comunale in carica attendono ora di essere rispettati mediante la delibera circa la suddetta modifica dello statuto.

Il decreto Ronchi, convertito in l. n. 166 del 2009, colloca tutti i servizi pubblici essenziali locali (non solo l’acqua) sul mercato, sottoponendoli alle regole della concorrenza e del profitto, espropriando il soggetto pubblico e quindi i cittadini dei propri beni faticosamente realizzati negli anni sulla base della fiscalità generale.Questa legge, attraverso la svendita di proprietà pubbliche, serve al governo “per far cassa”, o al più per compensare i comuni dei tagli di risorse delineati in finanziaria. I grandi principi ispiratori della nostra Carta costituzionale, che avevano negli anni posto le basi e legittimato il governo pubblico e democratico dell’economia, secondo una logica ed una prospettiva di tutela effettiva dei diritti fondamentali, finiscono mortificati al fine di favorire qualche gruppo industriale. Purtroppo una maggioranza trasversale proclama principi liberisti ma introduce al contrario posizioni di rendita privata che saranno poi impossibili da sradicare.

In questa critica condizione normativa e politica l’arma del referendum abrogativo ex art. 75 Costituzione è sembrata la sola utilizzabile in chiave riformista. Da qui i tre quesiti della campagna referendaria “L’acqua non si vende. Fuori i profitti dall’acqua. Fuori l’acqua dal mercato.” lanciata il 24 aprile su tutto il territorio nazionale.

Il CAP Ferrara, oggi impegnato nella campagna referendaria, è composto da un numero di soggetti crescente, ossia le sigle originarie insieme a molte nuove adesioni: AGESCI, Amici della bicicletta, Acli, Arci, Chiama l’Africa, Associazione Vandana Shiva, CGIL, Cittadini della Nuova Resistenza amici di Borsellino e Schönau, CNGEI di Bondeno, Comitato città sostenibile, Comunità Emmaus – Abbé Pierre, FP CGIL, Fiba Cisl, Grilli Estensi, Ingegneria senza frontiere, Ipasvi, Legambiente, Libera, Libertà e Giustizia, Medicina Democratica, Pax Christi, Rete Lilliput, WWF, Commercio Alternativo, Auser, Federconsumatori, Popolo Viola, Gentedisinistra (Rete@sinistra), RdB-CUB, PRC, PDCI, SD, VERDI, SeL, Sinistra Aperta, Unire la Sinistra Cento.

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