8.11.01
La risposta angloamericana agli attacchi terroristici
dell'11 settembre ci lascia sgomenti e turbati. Non crediamo che
la morte dei civili afgani possa rendere giustizia alle vittime
americane. La guerra non può essere strumento di risoluzione
dei conflitti internazionali: lo dice la Costituzione Italiana,
lo dice la Carta delle Nazioni Unite e lo ribadiamo noi oggi.
In particolare, crediamo che l'operazione militare
in corso, per la sua impostazione strategica, modalità
e obiettivi, sia una risposta inefficace e controproducente per
contrastare il terrorismo. Che sia non necessaria, in quanto ci
sarebbero altri modi per perseguire gli obiettivi prefissati.
Che sia pericolosa per la pace mondiale, poiché le sue
conseguenze non sono prevedibili né controllabili.
La situazione in Afghanistan oggi è gravissima.
Secondo l'Alto Commissario dell'ONU per i rifugiati i bombardamenti
rischiano di provocare una catastrofe umanitaria poiché
ci sono milioni di cittadini afgani che non sono in grado di sopravvivere
all'inverno. Le operazioni militari rendono impossibile l'assistenza
minima alla popolazione, già in condizioni disperate a
causa della distruzione dell'economia sia da parte del regime
dei Talebani, sia del più recente attacco angloamericano.
Il principale risultato, finora, di questi attacchi,
è la destabilizzazione degli equilibri mondiali, il tragico
inasprimento di conflitti preesistenti, ma soprattutto il rafforzarsi
del consenso globale alle organizzazioni terroristiche. Tale risultato
è evidente nella tragica situazione di Israele e Palestina.
Se infatti da un lato il governo israeliano sembra voler approfittare
della lotta al terrorismo per imporre una propria soluzione militare,
dall'altro molte organizzazioni terroristiche trovano nell'esasperazione
della popolazione terreno fertile per una recrudescenza delle
azioni violente.
Riteniamo che alle radici del consenso al terrorismo
vi sia un grave problema di giustizia mondiale. Dalla fine della
guerra fredda pochi passi sono stati fatti verso la costruzione
di un nuovo equilibrio mondiale. Al contrario, ci sembra che popolazioni
del pianeta siano sempre più frequentemente soggette a
politiche ingiuste e aggressive nell'interesse di alcuni paesi
ricchi. Evidenti ingiustizie e crimini commessi generano un senso
diffuso di odio verso l'Occidente. La morte di oltre un milione
di iracheni provocata da misure che colpiscono direttamente la
popolazione innocente (senza intaccare la dittatura), il sostegno
a regimi corrotti e oppressivi, la negazione di diritti ad alcune
popolazioni e il disinteresse per le atrocità commesse
su vari popoli del mondo, sono solo alcuni esempi delle responsabilità
occidentali. La repressione violenta e i tentativi di delegittimazione
verso alcuni movimenti di protesta che denunciano le ingiustizie,
sono un segnale inquietante, di rifiuto e insofferenza di una
parte dell'occidente verso i problemi etici di portata globale.
Di fronte allo scenario mondiale, crediamo di dover
ribadire il primato della politica e della nonviolenza sull'intervento
armato. Riteniamo perciò prioritario il rafforzamento di
quegli organismi giuridici e politici che possano garantire la
convivenza pacifica tra i popoli. Crediamo che sia le Nazioni
Unite sia l'Unione Europea debbano sostenere e promuovere concretamente
iniziative finalizzate al conseguimento della pace e della giustizia
sociale.
Di fronte a questioni cruciali di portata mondiale,
il mondo universitario non deve tacere. Pensiamo l'Università
debba riconquistare quel ruolo di massima espressione di sensibilità
culturale e pensiero critico. Per questo invitiamo studenti e
docenti a promuovere iniziative di sensibilizzazione, confronto
e dibattito.
Il Forum Permanente per la Pace si appella a studenti,
docenti e personale universitario affinché sostengano con
noi, nei modi e nelle forme che riterranno più opportuni,
le seguenti richieste:
1 - il CESSATE IL FUOCO IMMEDIATO in Afghanistan,
come richiesto anche dall'UNCHR e dall'UNICEF e la costruzione
di un futuro di pace e il rispetto dei diritti umani per le donne
e gli uomini di quel paese.
2 - la risoluzione politica della crisi medio-orientale,
mediante: a) Il riconoscimento dello STATO e dei DIRITTI dei
PALESTINESI, con l'applicazione delle risoluzioni Onu 194, 242
e 338, garantendo insieme pace e sicurezza a Israele.
b) La FINE IMMEDIATA dell'embargo all'Iraq per impedire la morte
di migliaia di persone ma anche per sottrarre linfa al terrorismo
internazionale.
3 - Una pressione affinché venga ratificato,
dai paesi che ancora non lo hanno fatto, il Trattato di Roma che
sancisce la nascita di un TRIBUNALE PENALE INTERNAZIONALE
per il perseguimento dei crimini contro l'umanità.
4 - La costituzione dei CORPI DI PACE EUROPEI
e l'applicazione dell'art.8 della legge 230/98 che prevede la
predisposizione di forme di ricerca e di sperimentazione di difesa
civile non armata e nonviolenta e la partecipazione di obiettori
di coscienza alle missioni umanitarie
5 - L'applicazione della legge 185/90 che
impedisce la vendita di armi ai paesi impegnati in un conflitto
e che violano i diritti umani
6 - la riforma in senso democratico dell'ONU,
con l'abolizione del diritto di veto, affinché possa effettivamente
svolgere la funzione di conciliazione dei conflitti internazionali.
7 - Ai Magnifici Rettori delle Università
italiane, chiediamo l'inserimento all'ordine del giorno
nella prossima seduta del Senato Accademico, della discussione
a proposito della grave situazione internazionale, affinché
l'Università esprima una voce di riflessione critica all'interno
del nostro paese, e ribadisca l'esigenza della pace, primaria
per l'umanità intera.
Il Forum Permanente per la Pace di Ferrara
Hanno aderito: